Un pò di storia
Le primissime fonti certe e documentate sono datate intorno all’anno 1912, quando il direttore della rivista “La Siciliana” Gaetano Apollo Gubernale vi pubblicò l’articolo ‘Carnevale in Avola’ descrivente le tradizionali maschere indossate.
La maschera che conta un maggior numero di affiliati è quella del massaru con vestimento all’antica, cioè la tradizionale ormai scomparente meusa in testa, camicia di flanella bianca, giacca cortissima, calzoni di velluto, ampi e corti fino al ginocchio, calzette lunghe e bianche e stivaloni larghi.
I massari camminano saltellando sulla punta dei piedi, tenendo in mano una forcella e sulla spalla i vertuli (bisacce). Vien dopo quella dei micheli consistente in un berrettone a maglia bianca infilato sulla testa fino al collo, con quattro buchi orlati di rosso, fatti adattamente in ordine agli occhi, al naso e alla bocca; e una lunga camicia di donna stretta al fianco da una cordicella di liama (disa), oppure da una correggia di cuoio ornata da cianciani (sonagli).
I micheli portano in mano una macciar’ardicola (pianta di ortica), o una frasca d’ulivo, con le quali van pungendo e percotendo gli amici e i parenti che incontrano per via; il loro passo è un trotto continuato; la voce un gutturale monotono, rullante, noioso. Essi sono capaci di combinare per le vie scenette ridicole, umoristiche, piacevoli per gli spettatori.
Dopo la seconda guerra mondiale in una delle piazze di Avola si costruivano dei casotti nei quali si faceva una pesca con i numeri della tombola. In palio c’era di tutto: animali vivi (soprattutto galli) pasticciotti (grossi dolci rotondi ripieni di marmellata) e molto altro.
Dal 1961 tale festività venne organizzata con il nuovo scopo di attrarre turisti nel paese: da allora i festeggiamenti si sono ripetuti ogni anno nell’arco di quattro giorni.
Fonte: www.carnevalediavola.com